In aula • 28.03.2024

Walter Zanoni, chef e maestro pastaio, consulente e docente dei corsi di Alta Formazione Cuoco e Pastaio di CAST Alimenti

Nel suo biglietto da visita, chef Zanoni ha scritto “mastro pastaio”, perché da anni è tecnico dimostratore e consulente di tecniche di lavorazione della pasta per importanti aziende molitorie; ma Walter Zanoni è prima di tutto uno chef con un lungo e qualificato percorso professionale in strutture ristorative di alto livello. Dopo un primo avvio altamente formativo sulle navi da crociera e in ristoranti stellati, ha lavorato al Four Seasons Hotel di Milano, poi dal 2001 al 2009 presso Palazzo Arzaga a Calvagese della Riviera (Brescia) in qualità di Executive Chef.

La sua curiosità in ambito gastronomico lo ha portato a specializzarsi nella cucina del territorio, in quella salutistica senza glutine e in tecniche di lavorazione della pasta, apportando sempre un tocco di modernità e innovazione. Da tempo si dedica alla consulenza e all’insegnamento. Dal 2004 è docente in CAST Alimenti per cui si è occupato di tutti gli aspetti della cucina, della gastronomia e delle tecniche di lavorazione della pasta fresca. Oggi per CAST segue l’Alta Formazione Cuoco e l’Alta Formazione Pastaio. Nella sua lunga carriera ha sommato consulenze importanti nell’ambito della ristorazione, nell’industria alimentare e delle attrezzature di cucina.

 

Metto sempre al centro della mia cucina le materie prime per esaltare la naturalezza e la freschezza degli alimenti primari, assoluti protagonisti dei miei piatti.

 

Se tu dovessi riassumere in 3 sostantivi la tua docenza nei corsi di Alta Formazione, quali sceglieresti e perché?
L’obiettivo che mi pongo nei mei corsi è quello di contribuire a formare dei professionisti, quindi cuochi con un’approfondita conoscenza delle tecniche di cucina e un metodo di lavoro consolidato, che fanno il loro lavoro con un entusiasmo e una passione tali da creare dei rapporti di amicizia e professionali che si consolidano e vanno oltre la loro permanenza in CAST. Quindi, riassumendo: professionalità, entusiasmo e amicizia sono il patrimonio che la scuola consegna nelle mani degli allievi. I legami che si creano in aula tra allievi e tra allievi e docenti si rivelano fondamentali nel corso della loro carriera lavorativa, perché è importante avere un mentore, delle persone di riferimento a cui chiedere consigli o anche solo a cui guardare come esempio. Io sono sempre disponibile per i miei ex allievi per un suggerimento o un aiuto. Vedere la loro crescita professionale è per me un vanto e una grande soddisfazione. E a volte mi capita di trovarmi a lavorare fianco a fianco con ragazzi che ho formato, come recentemente a Bergamo dal “3 stelle” Da Vittorio, dove nel corso di un evento ho ritrovato un mio ex allievo che adesso lavora li.

Ti piace definirti non solo cuoco, ma anche pastaio. Quanto è importante conoscere le tecniche di lavorazione della pasta per uno chef italiano?
La pasta insieme alla pizza contribuiscono a creare all’estero buona parte dell’identità gastronomica italiana. Oggi si sta sempre più affermando il concetto di pasta come pasto unico, con materie prime di qualità a prezzo competitivo. Per uno chef saper fare la pasta fresca, quindi, è un vantaggio quando si confronta con le realtà ristorative non solo europee. Se poi ci aggiungi la giusta manualità nel farla e un tocco di fantasia, magari facendola colorata e con un ripieno o un sugo che rinnovano il gusto tradizionale, allora hai in mano un passaporto per il mondo.

Hai un aneddoto da raccontarci legato al tuo lavoro di chef pastaio?
Ne avrei tanti di aneddoti da raccontarti con tutti gli anni di consulenze che ho sommato nella mia carriera, ma ne ricordo uno particolarmente significativo. Qualche anno fa mi sono trovato a fare la consulenza al titolare di una trentina di ristoranti sparsi per l’Europa; in questo caso si trattava di un pasta-restaurant in Belgio per cui dovevo sviluppare 4 piatti nuovi. Uno di questi era “pici cacio e pepe”, un piatto che ha funzionato talmente bene (è il più venduto, assieme agli altri tre che gli ho studiato) da avere dato il nome al locale. Oggi, in un qualche paese nelle Fiandre, c’è un ristorante che si chiama “Pici cacio e pepe”!