Una frusta da pasticcere e una fava di cacao fusi assieme è il logo che ha scelto per descriversi e che si è disegnato da sé: per David Patino, 37 anni italo-venezuelano di Quibor, il cioccolato non è solo una passione e una professione, ma il legame saldo e profondo con le sue radici sudamericane. In Italia dal 2003, dopo il diploma di cuoco all’istituto alberghiero di Roseto degli Abruzzi dove ancora abita, decide di andare a lavorare all’estero per occupare i tempi morti del lavoro stagionale sulla costa adriatica. In Spagna segue anche un corso di laurea breve in grafica pubblicitaria. Lo fa per accontentare il papà, ma presto si rivela molto utile per la gestione dei suoi canali social. Di ritorno dall’Austria, viene mandato ad imparare la pasticceria dal suo mentore, il pastry chef Sandro Ferretti. E’ così che nel 2015, David approda come borsista R.O.P.A. in CAST, l’anno in cui i maestri Emmanuele Forcone, Fabrizio Donatone e Francesco Boccia si allenano per il campionato del mondo di pasticceria che li vedrà trionfare. Altri 2 mesi a fianco del maestro Massari e poi via, in giro per il mondo come tecnico di Selmi a sviluppare il progetto “bean to bar”. Nel 2017 diventa pastry chef di Callebaut e sempre lo stesso anno vince l’International Chocolate Award all’Eurochocolate a Perugia con un cioccolato monorigine del Venezuela. Quando si dice il sapore del ricordo …
Da dove nasce la tua passione per il mondo del dolce e perché hai deciso di specializzarti proprio nel cioccolato?
La mia famiglia, originaria di un piccolo paese, Quibor, nello stato venezuelano di Lara, non si occupava di pasticceria. È stata la nonna con la sua piccola bottega di pane, dolci e gelati artigianali, a trasmettermi questa passione. Poi, una volta arrivato in Italia, il testimone è passato allo zio Corrado, il pasticcere amatoriale della famiglia, che ha contribuito a mantenere vivo in me questo interesse e a convincermi a fare la scuola alberghiera, dove, mancando un corso di pasticceria, mi sono formato da cuoco. Se sono arrivato in CAST lo devo al mio maestro e mentore Sandro Ferretti. Quello in CAST è stato un anno memorabile: come borsista R.O.P.A. ho potuto affiancare i più grandi maestri della pasticceria. Mi ricordo ancora quando noi borsisti ci ritrovavamo a pulire i laboratori in cui si allenavano i campioni del mondo, sporchi di zucchero fino al soffitto … eravamo stanchi, ma l’energia positiva che si respirava era pazzesca! Lo sforzo e l’impegno di lavorare in CAST vengono sempre ripagati.
Chi ha dato una svolta definitiva alla mia professione, facendomi capire, con competenza tecnica e passione, le straordinarie caratteristiche del cioccolato, è stato il mio maestro in Selmi Maurizio Allodi. Del cioccolato mi piace tutto: se lo lavori bene, in termini di tecnica e temperaggio, asseconda la tua fantasia, non solo nell’estetica, ma anche nel gusto. Con la tecnica del bean to bar, per esempio, ho imparato a tostare a temperature molto basse, per far uscire tutti gli aromi del cioccolato, il fruttato, il nocciolato, … sentori molto distanti dalla memoria collettiva del “gusto cioccolato”. Alla tavolozza gustativa si aggiunge la versatilità, le mille forme diverse che può assumere il cioccolato: torta, bevanda, barretta, glassa, croissant rocher, scultura, cioccolatino, tavoletta ripiena, …. È un prodotto che non finisce mai di stupirmi. Dico sempre ai miei clienti: “Il cioccolato è vivo, quindi fate attenzione quando lo lavorate. Ci vuole tempo, pazienza e sentimento altrimenti rischi che si bruci e si spacchi.”
Viaggi, consulenze, collaborazioni, formazione, … come maître chocolatier ti aspettavi tutte queste prospettive di sviluppo dalla tua carriera?
Questo è un altro aspetto del cioccolato che mi ha stupito piacevolmente: posso girare il mondo grazie a Selmi per cui seguo, da tecnico, il progetto bean to bar e a CAST Alimenti che mi ha dato gli strumenti per trasmettere la conoscenza di questo fantastico prodotto. Per insegnare ad affinare la tecnica del bean to bar sono stato a Bali, in Corea, in quasi tutto il Sud America, … Mi sono trovato a Panama in mezzo ad una piantagione di cacao a tostare fave e a Singapore a progettare una linea di cioccolatini per la compagnia aerea nazionale … Viaggiare mi permette di conoscere meglio i prodotti e la filiera, che diventano nuovi spunti per le mie ricette o, in fase di produzione, per migliorare macchine e tostature. Seguo tante consulenze e collaborazioni anche in Italia sia per la pasticceria moderna e dessert al piatto che per la cioccolateria. Con i miei clienti si stabilisce un rapporto di fiducia che si rinnova negli anni.
C’è uno stile che caratterizza la tua produzione?
La mia cifra stilistica e la fonte d’ispirazione è il Sud America. In genere, per i miei prodotti scelgo colori molto vivaci da coloranti alimentari naturali, e sapori tropicali. Presto molta attenzione alla ricerca e selezione delle materie prime di altissima qualità, al punto che quando sono in un posto nuovo a fare un corso di formazione o una consulenza, mi piace utilizzare come ingrediente delle mie ricette un prodotto tipico locale. E’ una lezione che ho imparato dagli chef stellati con cui ho lavorato e che rende la mia produzione “funzionale” come mi piace chiamarla, cioè facilmente replicabile. Questo significa continua ricerca di nuovi sapori e tanta sperimentazione; è questo che rende il mio lavoro interessante e mai ripetitivo.
Che spiegazione dai al grande successo che il “bean to bar” sta avendo presso i tuoi colleghi cioccolatieri e quali sono i nuovi trend del cioccolato?
Nel cioccolato si sta affermando sempre di più la tendenza dei prodotti unici e il bean to bar è la tecnica che risponde meglio a questa esigenza. Permette, infatti, la massima personalizzazione del cioccolato, al punto tale che si può avere un proprio gusto, un proprio equilibrio e un rispetto della filiera della materia prima esclusivo. Per questa ragione, il bean to bar sta contribuendo a sviluppare la cultura del cacao e ad alzare di molto l’asticella della qualità. Da latinoamericano non posso che essere orgoglioso del successo che questo ingrediente sta avendo nel mondo. Per quanto riguarda i nuovi trend, nel cioccolato bean to bar si ricercano gusti particolari tipo il molto affumicato o il dolce e floreale. Sempre più di tendenza è la pralina che sta diventando un dessert a tutti gli effetti con diverse consistenze: pralinato, gelee, ganache, morbida, decorata, … Poi ci sono le tavolette monorigine, a cui aggiungere in fase di lavorazione, sale, frutta secca, bacche, pop corn, … tutto è sempre molto scenografico e instagrammabile.
Che ricordi hai del tuo periodo di formazione in CAST?
CAST per me è la famiglia dove sono cresciuto professionalmente. Mi ricordo quanto fosse emozionate pranzare gomito a gomito con maestri come Iginio Massari o i campioni del mondo della pasticceria. Non ti dico che non fosse faticoso, ma lo rifarei altre mille volte. Tanto che tutte le volte che in CAST hanno bisogno di me, per un evento, la partecipazione ad una fiera o anche semplicemente, due braccia in più, se non sono in giro per il mondo, sono sempre disponibile.
Che progetti hai per il futuro?
Per mia natura, più che al futuro preferisco pensare al day by day (anche in questo sono molto sudamericano!) Adesso, per esempio, per l’apertura di uno stabilimento balneare a Roseto degli Abruzzi sto studiando l’offerta delle colazioni e i dessert. Quest’estate sarò a Ibiza per una collaborazione con una società di catering e poi forse per un periodo sarò pastry chef di bordo sullo yacht di un emiro … Gli impegni sono talmente tanti e vari che mi è difficile focalizzarmi su un mio progetto personale. E poi, mi piace troppo viaggiare, conoscere nuove realtà e culture. Pensa che ho preso l’abitudine di mettere sempre in valigia la giacca da pasticcere. Così, se nei miei giri per il mondo trovo un laboratorio di pasticceria che mi incuriosisce, indosso la giacca ed entro … ancora nessuno è riuscito a fermarmi!