Nicolò Mantegazza, gelatiere e titolare di “CaraPina” ad Albizzate (VA)

Nicolò Mantegazza, 30 anni, gelatiere di Albizzate (VA), aveva predisposto tutto per l’inaugurazione: ancora qualche rallentamento burocratico, ma per fine marzo 2020 la sua gelateria avrebbe aperto, proprio sulla piazza principale del paese. Ma è arrivato il Covid-19 che ha messo in quarantena per qualche mese l’entusiasmo, ma non la volontà.

Nicolò Mantegazza, gelatiere e titolare di “CaraPina” ad Albizzate (VA)

Nicolò Mantegazza, 30 anni, gelatiere di Albizzate (VA), aveva predisposto tutto per l’inaugurazione: ancora qualche rallentamento burocratico, ma per fine marzo 2020 la sua gelateria avrebbe aperto, proprio sulla piazza principale del paese. Ma è arrivato il Covid-19 che ha messo in quarantena per qualche mese l’entusiasmo, ma non la volontà.

Finalmente, dal 9 maggio “CaraPina”, questo il nome del negozio di Nicolò, può esprimere la sua idea di gelato artigianale, fatto con ingredienti naturali e tanta ricerca di qualità, al punto che è già stato inserito tra le “Eccellenze Italiane 2020”.  Nicolò si è formato in CAST Alimenti, come allievo del corso di Alta Formazione per gelatiere.

Con il mio gelato posso regalare un momento di felicità in una fase difficile

1. Da dove nasce la tua passione per il gelato e perché hai deciso di diventare gelatiere?
La mia famiglia lavora nel food da molto tempo, da quando mio nonno ha aperto il suo negozio di alimentari a Porto Ceresio, in provincia di Varese.

Da parte mia, ho una passione sconfinata per il gelato, nata quando ero bambino e coltivata con il passare degli anni. Nonostante tutto questo, mi è servito del tempo prima di capire cosa volessi fare davvero nella vita. Dopo le scuole e l’accademia di cinema, che ho frequentato specializzandomi in montaggio video, ho iniziato a lavorare nel settore audiovisivo. Un giorno, proprio grazie ad un servizio che stavo realizzando, ho conosciuto Valerio, proprietario di una gelateria. Con lui ho potuto conoscere da vicino la produzione del gelato; ne è nata una bellissima amicizia, tanto che ho fatto lo stage dopo il periodo di formazione in CAST, nella sua gelateria.  E’ stata la spinta giusta, quello che mancava per prendere la decisione di poter fare di una passione, una professione.

2. Quando si avvia un’attività, qual è secondo te la prima decisione da prendere per partire con il piede giusto?
Sicuramente la location e il personale sono due fattori che hanno un’importanza fondamentale.

Penso che, in gelateria, ci sia un limite molto sottile fra offrire un servizio di eccellenza da uno… un po’ così così. Un gelato può essere venduto da chiunque, ma è differente la modalità con cui si approccia il cliente: un buon servizio senza gentilezza, o la cura dei dettagli, possono vanificare in un attimo tutto il lavoro che sta dietro quel gelato.  E’ fondamentale sapersi prendere cura del cliente e allo stesso tempo saper comunicare la qualità degli ingredienti.

La location è altrettanto fondamentale: disporre di un negozio molto grande, ma senza possibilità di parcheggio o di posti a sedere, è una condizione peggiore rispetto ad avere un negozio piccolo, ma curato alla perfezione e che possa soddisfare le esigenze del cliente.  Ad esempio, disporre di una panchina all’esterno per gustare il gelato è molto importante. Bisogna non lasciare mai nulla al caso, l’attenzione deve essere sempre al massimo.

Infine, ma fondamentale: poter fare questo lavoro è per me un privilegio, ma ricordiamo sempre che maneggiamo alimenti e la salute, in un periodo storico difficile come questo, è una cosa molto seria.

3. Come pensi cambierà il tuo lavoro, una volta finita questa fase di emergenza?
Penso che questa pandemia lascerà un segno profondo in tutti noi, ma che ci insegnerà delle priorità. Personalmente, sto riscontrando nei clienti molta attenzione verso il prossimo e desiderio di condivisione dei problemi quotidiani, come se la gelateria non fosse più solo un negozio dove acquistare un prodotto e via. Questa situazione ha sicuramente contribuito a creare un rapporto speciale con i miei clienti.

Avendo aperto in piena emergenza sanitaria, è stato molto gratificante portare un po’ di novità e felicità nella vita delle persone. Sinceramente, però, spero che una volta terminata l’emergenza, torni il desiderio di andare in gelateria. Gli orari di lavoro, per lo più a distanza, lo stress, il poco tempo a disposizione, fanno sì che il cliente si stia un po’ allontanando dai negozi. Le piattaforme di consegna a domicilio non possono e non devono sostituire integralmente il piacere di “andare in gelateria”.

Bisogna evitare di entrare in un vortice basato sull’ossessivo “risparmio del tempo”. Niente può essere paragonato alla piacevole esperienza di andare con un amico o con la propria famiglia in gelateria, così come al ristorante, per passare del tempo insieme.

4. Come hai saputo del corso di Alta Formazione gelatiere in CAST Alimenti e perché hai scelto proprio questa scuola?
Ho cercato informazioni su internet. Avevo le idee chiare sulla tipologia di scuola, ma non conoscevo CAST Alimenti. Navigando su internet l’ho scoperta e tra l’altro, abitando a Varese, era pure molto vicino a casa.

Nella vita in generale sono un ragazzo abbastanza preciso (o almeno cerco di esserlo) e aver trovato una scuola il cui nome è l’acronimo di Centro Arte, Scienza e Tecnologia degli Alimenti, mi ha subito incuriosito.

Eccellenza e professionalità a pochi km da casa non è una cosa facile da trovare.  Mi sono iscritto subito e grazie a Carmela Grotta e alla sua concretezza, ho capito che ero nel posto giusto, ben oltre le mie più rosee aspettative.

5. Come deve essere per te un gelato eccellente?
Penso prima di tutto che bisogna conoscere in maniera molto approfondita le materie prime che si vanno a trattare. Vedo molti miei colleghi puntare sul numero di gusti che una gelateria produce; a mio parere si dovrebbe parlare più della qualità della singola materia prima. Il cioccolato deve saper per forza di cioccolato, siamo d’accordo, però è anche vero che in commercio ce ne sono molti a disposizione.

Penso quindi che prima di tutto bisogna conoscere la materia prima, saper scegliere la qualità e, conoscendone le caratteristiche, saper sviluppare una buona ricetta con il bilanciamento delle quantità.

Una parola, che per me è una filosofia di lavoro a cui tengo molto, è “ARTIGIANALE”, a volte posta “abusivamente” su alcune insegne di gelateria. Artigianalità significa produrre un gelato dalla A alla Z, saper bilanciare una ricetta in base alla tipologia di ingredienti utilizzati e svolgere il processo produttivo in maniera artigianale, appunto. Non basta prendere due sacchi di preparato e miscelare insieme le polveri, quello è un altro mestiere. Sono un amante della frutta secca e per produrla parto sempre dal frutto e mai dalla pasta. Dopo questa prima e necessaria scelta passo alla tostatura e alla macinazione con mulino a pietra. Tutto questo richiede tempo, diversi passaggi e sicuramente più fatica però è quello che fa la differenza per questa tipologia di prodotto. Questa è per me vera “artigianalità”, è la differenza fra un gelato di alta qualità e gelati normali.

6. Dove ti vedi in futuro?  Hai in programma di sviluppare la tua attività?
Al momento non mi pongo limiti, ho appena aperto…!

Sicuramente la voglia di ampliare l’offerta e magari aprire altri punti vendita in futuro, rende tutto molto stimolante.  Bisogna però rimanere coi piedi ben piantati a terra: non posso e non voglio avere la presunzione di pensare a progetti troppo grandi in un periodo così delicato.

Credo sia giusto, visto che ho solo 30 anni, essere ambizioso, ma penso che la qualità venga prima della quantità: bisogna lavorare duramente, studiare e migliorare ogni giorno, dopodiché quello che verrà sarà sicuramente positivo, perché frutto di esperienze e conoscenze consolidate.