Luigi Frassanito, 29 anni di Cutrofiano (Lecce), head chef al Baglioni resort, Maagau Island, Maldive

A causa del forte legame con la cucina delle sue origini, Luigi Frassanito, chef di 29 anni di Cutrofiano (LE), è stato soprannominato dai ragazzi della sua brigata “Nonna Gina”. Ma la sua cucina è in realtà una combinazione di sapori che attingono alla tradizione gastronomica regionale italiana con l’aggiunta di accenti asiatici.

Luigi Frassanito, 29 anni di Cutrofiano (Lecce), head chef al Baglioni resort, Maagau Island, Maldive

A causa del forte legame con la cucina delle sue origini, Luigi Frassanito, chef di 29 anni di Cutrofiano (LE), è stato soprannominato dai ragazzi della sua brigata “Nonna Gina”. Ma la sua cucina è in realtà una combinazione di sapori che attingono alla tradizione gastronomica regionale italiana con l’aggiunta di accenti asiatici.

Una sintesi perfetta del suo percorso professionale, iniziato in Puglia e proseguito nei ristoranti delle più prestigiose catene alberghiere internazionali (Armani Hotel Dubai, Westin Hotel Puket, Mandarin Oriental Taipei, ecc.). Nel mezzo, un anno di perfezionamento in CAST accanto ai docenti, gli chef Maffioli, Zanoni, Michieletto, il Maestro Giorilli, … Head Chef al Baglioni Resort di Maagau Island da gennaio, si è già distinto vincendo il premio “The best Italian restaurant” delle Maldive.

Vorrei poter condividere le mie esperienze, per restituire quello che mi è stato insegnato

1. Scorrendo il tuo curriculum professionale, è evidente la scelta di lavorare nell’hotellerie di lusso, principalmente in Asia.  Per quale ragione? 
Per realizzare un sogno che avevo fin da bambino: conoscere l’Asia, scoprire un mondo totalmente differente da quello in cui vivevo, per lingua, cultura, religione, sapori, profumi, … A questo si è aggiunto, dopo la formazione nella scuola alberghiera, il desiderio di lavorare in cucine di alto livello. Ed è così che, grazie al mio lavoro di chef, ho iniziato a girare da una catena alberghiera di lusso all’altra. Sono grato a questo lavoro, perchè mi dà grandi soddisfazioni ed è un vero passaporto per il mondo!

2. Essere uno chef italiano in Oriente ti dà un valore aggiunto e, più in generale, come viene accolta la cucina italiana nelle catene alberghiere internazionali?
Per la mia esperienza, la cucina italiana, oggi, è la più richiesta, conosciuta ed apprezzata dall’hotellerie di alto livelloE’ quella che incontra i gusti dei clienti di tutto il mondo. In generale, il Made in Italy sta avendo un grande successo all’estero, perché piace il nostro modo di vivere, di mangiare, di goderci la vita … Questo però alza di molto l’asticella, in termini di aspettative verso gli chef italiani in giro per il mondo, che devono mantenere uno standard di cucina sempre molto alto. Ma ne vale la pena, vieni sempre ripagato dalle soddisfazioni.

3. Come riesci a “cucinare italiano” in un atollo in mezzo all’Oceano Indiano?  Come ti procuri la materia prima?
Si sa che “fare cucina italiana” all’estero è molto complicato, data la difficoltà di reperire i prodotti. Personalmente posso ritenermi fortunato, visto che ho la possibilità di ricevere le materie prime direttamente dall’Italia, almeno un paio di volte la settimana, attraverso voli che transitano da Dubai. Molto lo faccio in casa come il pane, la pasta fresca, la pizza, ecc.

4. Hai fatto esperienze professionali sia in Italia che all’estero. Che differenze hai trovato, anche in termini di qualità di vita, nello svolgere il tuo lavoro di chef?
La prima cosa che si nota lavorando all’estero è il numero di personale presente in brigata, di gran lunga maggiore di quello che si trova in Italia. Ciò facilita il lavoro pratico, ma nello stesso tempo impegna gli chef anche nella gestione del personale di cucina. Dal punto di vista economico, meglio non farsi illusioni: all’estero non si guadagnano cifre spropositate, come si può immaginare … Però, io credo non esista denaro che ripaghi esperienze di vita così profonde come quelle che sto facendo da quando sono partito. Uno degli aspetti più appaganti del mio lavoro all’estero è di poter insegnare la cucina italiana a ragazzi che provengono da culture e tradizioni culinarie totalmente diverse dalle nostre che, non solo non conoscono i sapori e gli ingredienti italiani, ma non hanno nemmeno la memoria del gusto della cucina italiana. Eppure, il mio sous chef è un ragazzo nepalese che lavora con me dai tempi dell’Armani Hotel a Dubai, a cui posso affidare la cucina ad occhi chiusi; nessuno crederebbe che i piatti che escono da lì non li abbia fatti un italiano!

5. Perché hai scelto di approfondire le tue conoscenze in CAST Alimenti?
Perché ho scelto CAST? Facile come risposta! Perché CAST Alimenti è la scuola che ti forma per il futuro! Ed era esattamente quello che cercavo: un percorso di formazione professionale mirato per diventare chef. Sapevo di trovarlo in CAST e non sono rimasto deluso. Quello che non mi aspettavo, era di trovare non solo dei grandi professionisti, ma anche delle persone che nel tempo sono diventate amiche, con cui ancora oggi sono in contatto per scambiare informazioni, consigli o anche solo un saluto. Insomma, l’anno che ho trascorso in CAST è stato sì, molto impegnativo, ma anche formativo e costruttivo.

6. Hai tre consigli da dare a chi volesse fare lo chef all’estero?
Il primo consiglio che vorrei dare a chi decide di lavorare all’estero, è di formarsi professionalmente in Italia prima di mettersi in gioco. Nel mondo ci sono milioni di professionisti, quindi, se si vuole lavorare, bisogna essere competitivi, con basi solide e ben preparati.

Il secondo: essere una persona super flessibile e con un grande spirito di adattamento. Bisogna essere pronti a fare sacrifici per raggiungere i proprio obiettivi, quindi: umiltà, pacatezza e tanta curiosità e voglia d’imparare, soprattutto se si lavora nelle cucine di grandi catene alberghiere luxury.

Il terzo consiglio? Prepara i bagagli e parti, c’è un mondo da scoprire! Sarà solo da quel momento che vedrai la tua vita con occhi diversi.

7. I tuoi progetti per il futuro?
Il mio solo progetto è di non fare progetti, ma pormi solo degli obiettivi.  Obiettivi che mi porteranno, ancora per un po’, in giro per il mondo. Ho tanto da conoscere … qualche anno ancora in Asia e poi mi manca il continente americano. Ma nel mezzo dei miei viaggi, spero di rientrare in Italia e avere il modo di raccontare ai futuri chef i miei viaggi attraverso la mia cucina.