Volendo riassumere in una ricetta la personalità di Claudio Tamborra sarebbe: Passione e Dedizione in parti uguali, Determinazione quanto basta.
Innamorato della cucina fin da bambino, si iscrive a Giurisprudenza ma dopo 3 anni abbandona gli studi e decide, con grande tenacia, di fare due lavori: uno per pagarsi un corso di cucina, l’altro in un ristorante, per capire se quella è proprio la sua strada. Dopo la formazione in CAST Alimenti, oggi è nella brigata di Stefano Granata del ristorante di lusso “Chaveur” a La Thuile. Finalmente, i sogni di un bambino che da grande voleva fare lo chef sulle navi da crociera sono diventati realtà.
1.Come nasce la tua passione per la cucina?
La passione per la cucina non è nata in un momento specifico della mia vita e non mi è stata trasmessa da qualcuno, ma l’ho sempre un po’ avuta. Mi piaceva stare dietro ai fornelli, da quando tornavo a casa da scuola e dovevo anche solo scaldarmi un piatto, alle prime “creazioni” (se così possiamo chiamarle). Non so, c’era come una calamita che mi attirava verso questo mondo.
2.Perchè hai scelto CAST Alimenti per la tua formazione di cucina?
Ammetto che non conoscevo CAST Alimenti, ma su consiglio di alcuni amici ho scoperto questa scuola e ho deciso di partecipare ad un Open day per vedere concretamente com’era organizzata. La scelta è stata pressoché immediata: dal momento in cui ho messo piede in CAST Alimenti sono entrato in un altro mondo, mi sembrava di essere Alice nel Paese delle meraviglie! Insomma, alla fine di quella giornata, mi è servito solo il tempo di tornare a casa e ho deciso di iscrivermi.
3. Ciò che hai imparato in CAST Alimenti ti è utile nel lavoro quotidiano?
CAST Alimenti mi ha insegnato tanto, quanto non mi aspettavo da un corso di cucina. Perché non ti insegna solo la tecnica ma anche a conoscere gli alimenti prima di trasformarli. Devo dire che le nozioni apprese in aula e la qualità della docenza forniscono un’importante base di partenza. Entri, infatti, nel mondo del lavoro con conoscenze che a tanti mancano. Per esempio, sai già utilizzare le attrezzature che tanti non conoscono nemmeno.
4. Raccontaci come si svolge la tua giornata-tipo.
La mia giornata-tipo si divide in due parti. Inizio alle nove sistemando la merce in entrata, mi procuro tutto ciò che devo lavorare nel corso della giornata e si parte… Fino alle 12.00/12.30 preparo la linea, poi mi concentro sul servizio, anche se nel posto in cui lavoro il pranzo è la parte più leggera; infatti, nel frattempo, mi porto avanti con gli altri lavori. Alle 14.30/15.00 si stacca per un po’ di pausa (sempre ben accetta) e si riprende intorno alle 17.30: si aggiustano le ultime cose, si prepara la mise en place per il servizio e si entra nel vivo dell’azione, la cena, la parte più divertente della giornata.
5. Ti sei fatto un’idea di cosa distingue la creatività di uno chef? Su quali elementi si può costruire un proprio “stile”?
Mah, diciamo che il più delle volte non è facilissimo capire a cosa sta puntando lo chef, devi andare un po’ a intuizione. Ho trovato chef che lavorano partendo dagli abbinamenti, chi addirittura dai colori che voleva nel piatto o chi basava i suoi piatti sul filo conduttore di un sapore. Se dovessi scegliere una direzione da seguire per un mio stile personale, sarebbe quella della semplicità: pochi elementi nel piatto (3 o 4 al massimo) ben abbinati, magari con lavorazioni anche complesse che porterebbero ad avere dei risultati strepitosi, ma concentrandomi sempre sul ricavare il massimo da quei pochi elementi scelti.
5. Quali esperienze vorresti ancora fare per arricchire la tua formazione di chef?
Le idee sono tante… Ci sarebbero diverse tipologie di cucina che mi interesserebbe conoscere: quella sudamericana per le carni, quella asiatica per tutti gli abbinamenti tra cibi e spezie e la lavorazione del pesce, l’evoluzione che ha avuto quella dell’Europa del Nord, passando infine per la classica francese. Un bel giretto insomma…
6. Dove ti vedi fra vent’anni?
Non saprei, spero a gestire una mia brigata in qualche parte del mondo (anche se spero di rimanere in Italia). L’unica cosa sicura è che ovunque sarò avrò un coltello o una padella in mano!