Vita della scuola • 28.08.2018

Lorenzo Cogo in CAST Alimenti per una master class

Giovane chef del ristorante stellato “El Coq” di Vicenza

Lorenzo Cogo è stato il più giovane chef stellato italiano.  Una stella che lo ha seguito da Marano Vicentino, dove ha aperto il suo primo ristorante, fino a “El Coq” con annesso bistrot, inaugurato nel 2016 a Vicenza. Insieme a lui Beatrice Busatta, pastry chef che coadiuva Lorenzo.  Li incontriamo durante una master class in CAST Alimenti. 

Quando è nata e come si è sviluppata la tua passione per la cucina?

Sono in cucina da sempre, da quando sono nato, tanto che non ho proprio il ricordo della prima volta che ho preso in mano un coltello (mi mostra la foto di lui bambino seduto sul piano della cucina della trattoria del papà). Qui avevo tre anni. Sono nato in cucina, ma l’idea di che tipo di chef volevo diventare si è affinata nel tempo. Ho acquistato il primo libro di cucina internazionale a otto anni. Già allora preferivo la cucina ai giornaletti: un chiaro segnale di quale sarebbe stato il mio futuro, anche perché in casa nessuno mi ha mai spinto a fare questo lavoro. Col tempo ho conosciuto una tipologia di ristorazione più personale, stellata. Mi ricordo ancora quel momento: avevo sedici anni e avevo insistito fino allo sfinimento con mio padre perché mi portasse a mangiare alla “Peca” a Lonigo, Vicenza.  Era la mia prima volta in un ristorante stellato e lì ho capito che era possibile fare un tipo di cucina più personale, meno tradizionale.  Ho scelto di fare l’alberghiero, ma già a 14 anni lavoravo durante la stagione estiva e nei weekend.  A 18 anni ero già autonomo. Nel ristorante di famiglia ci sono cresciuto, ma non ho mai pensato di lavorarci a lungo.  Quello che riconosco però a mio padre è di avermi insegnato a stare in cucina; è il suo più grande insegnamento ed è quello che manca a tanti ragazzi: tutti sanno fare i piatti, nessuno sa stare in cucina.

Quando sono entrato nel settore della ristorazione ero già una scheggia, perché sapevo come dovevo muovermi. Così apprendi molto più velocemente, sei già 5, 10 anni avanti agli altri che devono ancora capire che in cucina bisogna essere veloci, puliti, ecc.

Quanto conta una buona formazione per un giovane chef?

Tutto.  Bisogna capire però se si insegna con la formazione anche l’umiltà.  Ho visto che questa è una caratteristica della maggior parte dei ragazzi che si sono formati in CAST.  Sono convinto che continuate a lavorare molto e bene su questo aspetto.

(Interviene Beatrice) Prima di iniziare lo stage le raccomandazioni più grandi in CAST erano: attenzione non siate arroganti, siate umili, chiedete sempre il permesso, se volete esprimere la vostra idea cercate di farlo nel modo più consono, senza voler sopraffare chi avete davanti.

(Riprende Lorenzo) Chi non fa questi corsi di formazione si vede che gli manca, arriva già con una certa dose di supponenza senza sapere cosa vuol dire fare questo lavoro in un certo contesto.

E le esperienze all’estero?

Le consiglio a tutti i ragazzi che vogliono intraprendere questo lavoro.

Quando ho scelto di andare all’estero, in Italia c’era una mentalità di ristorazione filo-francese molto presente. Non c’era ancora un’idea di cucina dinamica e creativa come piace a me.  L’ improvvisazione, che è un po’ il mio modo di lavorare, è molto più internazionale. Così funziona all’ estero: entri in una cucina e devi dare subito il 100%, sennò non ci stai dietro.  In tante cucine invece vige ancora il rigore, la rigidità.

Le mie esperienze all’estero mi hanno insegnato anche come stare con i clienti, come rapportarmi con lo staff …

Quando scegli il personale per la tua brigata, a cosa presti più attenzione?

Come dicevo prima, l’umiltà è la cosa più importante. Ma anche la propensione al lavoro e la positività che oguno porta con sé perché, per lavorare in un team, devi essere anche un buon trascinatore. Bisogna essere allineati ed avere un unico modo di pensare e un comune obiettivo.

La clientela è spesso troppo fedele a determinati tipi di dessert. Come si può diversificare e catturare il loro interesse verso proposte alternative?

Secondo me dipende dal modo in cui ti proponi.  Nel tempo siamo diventati un punto di riferimento per la creatività e le persone che vengono da noi ricercano le proposte più particolari non quelle classiche, proprio perché non siamo visti come la pasticceria o la gelateria tradizionale.

(S’inserisce Beatrice) L’ italiano, soprattutto in determinate regioni, non è abituato a certi tipi di gusti nel dessert però, come dice lo chef, il fatto che un cliente decida di venire a mangiare da noi significa che vuole assaggiare qualcosa di diverso.  La creatività dello chef è il filo rosso che lega tutta l’attività, dal ristorante stellato al bistrot.

Cerchiamo comunque di fare delle proposte che accontentino anche i palati più semplici e tradizionali, però abbiamo visto che i dolci che vanno di più sono uno con la melanzana e l’altro con le olive e il pistacchio. E’ una bella soddisfazione, perché vedi che puoi orientare i gusti delle persone.

(Interviene Lorenzo) Quando creiamo un dessert non diciamo mai: “Questo non lo possiamo fare perché alla gente non piace”.  Proviamo, sperimentiamo.

Il nostro è uno spazio condiviso; quando prepariamo la carta dei dolci ragioniamo insieme su cosa realizzare. Nel tempo Beatrice ha iniziato a capire quello che mi piace di più, a cosa sono più propenso ed è così che le proposte del dessert si armonizzano con i piatti che propongo.

All’inizio del prossimo anno, CAST avvierà un nuovo corso di Alta Formazione per la figura del pasticcere da ristorazione e d’albergo.  Pensi che una formazione “ad hoc” possa essere utile?

Secondo me è utilissima, perché per fare il pastry chef ci vuole una dinamicità e un modo di ragionare molto più aperto rispetto al pasticcere tradizionale. Spesso la pasticceria è un mondo un po’ troppo chiuso, limitato al laboratorio.  Credo che il mondo del pasticcere da ristorazione sia veramente molto più creativo, pechè il modo di realizzare un dolce è molto più complesso.  Non è solo la ricerca della cosa fatta bene o del buono; la sfida è quella di esprimere un concetto.  A questo si devono abbinare le conoscenze sull’ estetica del piatto e le tecniche di base della pasticceria classica.

(Interviene Beatrice) Quando ho iniziato nel ristorante come stagista non è stato subito facile, anche se avevo una persona a cui facevo riferimento.  Diciamo che nell’organizzazione del laboratorio mi ha aiutato tantissimo l’esperienza maturata nella struttura di Dianin, perché è molto metodico. Col tempo sono riuscita ad ambientarmi bene e a iniziare a capire come collaborare con la cucina. Lavorare con una brigata non è semplice, anche perché, non facendone parte, bisogna comunque essere accettati. Nel ristorante “El Coq” lavoriamo su due piani diversi e quindi spesso non assieme; però dobbiamo collaborare per tantissime cose. Grazie alla formazione in CAST e a quella sul campo sono riuscita ad adattarmi un po’ alla volta.  Ho fatto fatica all’inizio, i primi mesi ero abbastanza in difficoltà: c’erano tante responsabilità ed ero sola. Però un po’ alla volta e con l’aiuto dello chef, sono riuscita a capire come organizzare la gestione del laboratorio e a coordinarmi tra bistrot e ristorante, anche se ho ancora tantissimo da imparare. Fare un corso che ti prepara ad affrontare tutte queste difficoltà con metodo e tecnica sarebbe di grande aiuto.

Lorenzo, cosa vorresti che imparassero gli allievi dalla tua lezione di oggi?

Bella domanda! Non facile… Però mi auguro che ai ragazzi resti la semplicità di approccio, di avere sempre un atteggiamento positivo e rispettoso nei confronti della proposta gastronomica di un ristorante stellato, come di un bistrot o di una trattoria. Vorrei che capissero che possono raggiungere i loro obiettivi, mettendoci però grande impegno e grande sacrificio. Devono credere in loro stessi e nelle loro capacità. A differenza della nostra cucina dove ci scambiamo opinioni, ci confrontiamo e decidiamo assieme cosa mettere in carta, nelle cucine tradizionali nessuno ti ascolta, devi solo svolgere dei compiti.

Noi abbiamo la fortuna di lavorare in un ristorante in costante crescita, che tra dieci anni magari sarà completamente diverso.  I giovani hanno anche il compito e l’opportunità di rompere gli schemi!